Strettamente legata al concetto di Depressione è l’idea di Suicidio.
Dal punto di vista generico o come accezione comune, una persona arriva a suicidarsi nel momento in cui sente di non poter più sostenere il peso che la vita gli impone.
La difficile gestione del denaro, l’incompatibilità nei rapporti di coppia, il dolore vissuto all’interno di una famiglia particolarmente richiedente e opprimente, l’abuso di alcol o di sostanze psicotrope, l’incapacità a tollerare la perdita di un affetto, sono tutti elementi che si configurano come più o meno incisivi nel momento in cui una persona decide di togliersi la vita.
Ad incastrarsi con questa serie di fattori psicologico/ambientali c’è spesso una causa di origine biologica, individuabile nello STRESS(strettamente legato alla disfunzionalità del sistema serotoninergico) e una causa genetica.
Per questo quella che può essere pensata come una fragilità psicologica di fondo, spesso è molto più complessa di quanto non possa sembrare e tanto più complessa è la possibilità di predire l’evento suicidario.
Da un punto di vista psicologico, chi arriva a compiere questo gesto estremo ha preso una forte distanza da sé stesso, una distanza tale da riuscire ad infliggersi una “forte punizione”. Molto spesso questa punizione ha velleità anche piuttosto ampie; mettendo in atto il suicidio si vuol instillare un senso di colpa in una persona da cui non ci si sente compresi, accolti, amati. Può essere un genitore come un partner, ma fondamentalmente una persona che viene percepita come causa di dolore e sofferenza.
La persona depressa, chi ha perduto non solo l’amore, inteso in senso universale come la possibilità di stare in relazione ed essere quindi corrisposto affettivamente, ma anche la speranza di sentirsi amato, può essere psicologicamente orientata a formulare un pensiero di annullamento di sé.
Una forte ansia, insonnia, senso generale di demotivazione e perdita d’interesse per i piaceri della vita, sbalzi d’umore e riduzione della capacità di concentrasi, sono alcuni dei segni che vengono considerati predittori del suicidio. Di fatto si è ancora molto lontani dalla possibilità di individuare realmente l’evento suicidario ma resta assodato che al di là di qualsiasi metodo o approccio medico o psicologico, è riuscire a salvare la vita di una persona.
Il suicidio è anche collegato ad alcuni turbolenti vissuti adolescenziali. La difficoltà a conciliare il proprio pensiero con le aspettative che gli altri possono avere e con quello che realmente si è in grado di produrre, crea dei vuoti di stima nella persona che, anche sulla base della propria storia di vita passata, se ci sono delle fragilità, una serie di delusioni ricevute, un trauma più o meno recente, favorisce lo “spegnimento del pensiero” per dar luogo a quello che viene definito anche “atto estremo”. Quando si perde, anche per poco, il desiderio, la motivazione a pensare ad elaborare e viversi le emozioni a 360 gradi cercando di integrare ciò che c’è di positivo con quanto c’è di negativo nella quotidianità, perché non ci si sente meritevoli né degni di attenzioni, ma solo di critiche distruttive e aggressioni, ci si schiera al di là di sé stesso per iniziare a pensarsi come altro e quindi come un oggetto che si può eliminare. è la rinuncia al pensiero quindi per lasciar spazio all’atto, appunto, a quello che può essere solo “fatto”, agito, perché qualsiasi esitazione non può che produrre altra angoscia.
Il fenomeno del Nonnismo nelle caserme ha fatto molto parlare di sé per i casi di suicidio che ha prodotto; ora è molto meno frequente o poco se ne parla, se non altro per il fatto che è stato tolto l’obbligo del servizio militare. Ma, al di là del fatto che avvengano o meno in quei luoghi, questo tipo di situazioni frustranti ha modo di perpetrarsi nello stile, anche in altri contesti. Il Bullismo ma anche il Mobbing sono situazioni assimilabili a quelle che potevano prodursi in caserma. Nel primo caso si prende in considerazione una fascia d’età che può essere fatta coincidere con quella riferibile alla frequenza scolastica; nel caso del Mobbing si fa riferimento più ad un contesto lavorativo. In entrambi i casi avviene la vittimizzazione e l’esclusione di un individuo nel gruppo di simili, attraverso condotte offensive e denigranti ripetute. Ansia, insicurezza nelle attività quotidiane, difficoltà di concentrazione, sono alcuni dei segnali che si manifestano nelle vittime che, a lungo andare, sentono sempre più difficile mantenere il peso dell’onta di cui sono stati investite e se non si riesce ad infrangere il muro dell’omertà, non si può che “prendere distanza da sé stesso”.
In modo piuttosto analogo quella sensazione di incomprensione che a volte porta al suicidio, può essere individuata nell’artista. Chi, attraverso un’opera d’arte cerca di esprimere dei concetti, delle emozioni, un pensiero, cui evidentemente non è dato di prendere forma altrimenti, incorre nel suicidio, vedendo fallito il suo intento, quando il suo messaggio risulta incompreso o travisato.
L’insostenibilità di essere pensato diversamente da come ci si sente, trae le sue radici profonde nella stima che si nutre verso sé stesso. Nel momento in cui questa stima è scarsa, si dà molto valore a come e quanto si è pensati, quanto si è nella mente dell’altro per così dire, e risulta intollerabile qualsiasi altro pensiero proprio perché evidentemente in conflitto.
Attilio de Angelis
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